L'azione di rivendicazione della proprietà

15 febbraio 2016

L’azione di rivendicazione è, senza ombra di dubbio, la principale azione che il nostro ordinamento appresta a tutela del diritto di proprietà.
Tra le azioni a tutela della proprietà possono annoverarsi, altresì, l’azione negatoria, l’azione di regolamento di confini e di apposizione di termini. Tutte queste azioni, nel complesso, vengono denominate come “petitorie”.
La dottrina ne parla in termini di azioni reali, in quanto volte a far valere un diritto reale, che si assume leso da terzi, a differenza delle azioni possessorie, che sono funzionali alla tutela del possesso di fronte ad atti di spoglio o molestie, e di quelle personali, finalizzate a far valere pretese creditorie o rimedi a tutela di rapporti obbligatori.
L’azione di rivendicazione, nello specifico, trova la sua disciplina nell’art. 948 del Codice Civile , secondo cui chi si afferma proprietario di un bene, ma non ne ha il possesso, può adire l’autorità giudiziaria al fine di ottenere l’accertamento del proprio diritto di proprietà e la condanna, di colui che lo possiede o detiene senza alcun valido titolo, alla sua restituzione.
L’azione, pertanto, non comporta solo l’accertamento in merito all’esistenza dell’asserito diritto di proprietà in capo all’attore (che ben sarebbe possibile, come oramai riconosciuto dalla costante giurisprudenza, se il solo scopo dell’attore fosse quello di rimuovere una pregiudizievole situazione di incertezza sullo stato di diritto del bene e non una modificazione dello stato di fatto), bensì anche la restituzione del bene da altri posseduto o detenuto per effetto di una sentenza di condanna.
La legittimazione attiva spetta, pertanto, al soggetto che assume essere titolare di un diritto reale sul bene, sia esso titolare in via esclusiva oppure comproprietario.
L’azione di rivendicazione non è soggetta a termini di prescrizione, ma sono comunque fatti salvi gli effetti dell’acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione.
La predetta imprescrittibilità è, tuttavia, bilanciata da un onere probatorio, in capo all’attore, particolarmente oneroso e difficoltoso. Da un lato, infatti, dovrà provare la titolarità del diritto di proprietà sul bene rivendicato; dall’altro, dovrà provare il fatto lesivo del medesimo diritto.
La difficoltà risiede nel fatto che la prova della titolarità del diritto di proprietà si ritiene raggiunta solo se viene dimostrato l’acquisto a titolo originario (usucapione accessione etc).
Se L’attore ha, invece, acquisto a titolo derivativo (ad es. per compravendita), non sarà sufficiente produrre in giudizio il titolo di acquisto del bene rivendicato, perché il dante causa/venditore avrebbe potuto non essere il legittimo proprietario del bene acquistato. In questo caso, l’attore sarà tenuto a fornire la prova della bontà dei titoli di acquisto di tutti i precedenti titolari, fino ad arrivare ad un acquisto a titolo originario.
Si parla, in tal caso, di prova diabolica e ben può comprendersene la ragione, insita nella difficoltà della stessa, nonostante corrano in soccorso le norme in tema di usucapione, per effetto delle quali sarà sufficiente che l’attore provi che, quand’anche avesse acquistato a non domino, avrebbe comunque acquisito la proprietà del bene rivendicato avendo, in via diretta o attraverso i propri danti causa (in forza del principio della successione ed accessione nel possesso), posseduto continuativamente il bene per il tempo richiesto dalla legge (20 anni per i beni immobili; 10 anni per i beni mobili).
Quanto alla legittimazione passiva, l’azione deve essere esperita contro colui che ha il possesso o la detenzione del bene senza alcun valido titolo, anche se, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa. In tale caso il convenuto è obbligato a recuperare la cosa per l’attore a proprie spese o, in mancanza, a corrispondergliene il valore oltre a risarcirgli il danno.
Se il convenuto prova in giudizio la sua intervenuta usucapione del bene rivendicato, la domanda di rivendicazione sarà rigettata.
Per completezza, si evidenzia che la domanda di rivendicazione della proprietà di beni immobili e di beni mobili registrati è soggetta a trascrizione nei pubblici registri.

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